Spectator
Spectator, Libro d’Artista nato nel 2019, è totalmente autoprodotto ed è la chiusura di uno dei progetti più lunghi su cui ho lavorato, iniziato nel 2015 con Four Minutes. In entrambi i progetti indago il tempo, riflettendo su un prima e un dopo, non è dato sapere molti altri dettagli. In fondo non è importante. Lo scorrere del tempo e gli effetti di ciò che accade nel frattempo rimangono racchiusi tra i due momenti ritratti.
Questo libro d’artista è il prima di una lunga serie spero, ne rimangono ancora solo 5 copie.
Di seguito puoi leggere il testo critico che mi ha scritto Silvia Bigi, creatrice di Percorsi Fotosensibili, che mi ha accompagnata lungo tutto il percorso di realizzazione di Spactator.
Ogni volta che ricordo il frammento 91 di Eraclito “non scenderai due volte nello stesso fiume” ammiro la sua abilità dialettica, giacché la facilità con cui accettiamo il primo giudizio (“il fiume è un altro”) c’impone clandestinamente il secondo (“sono un altro”) e ci concede l’illusione di averlo inventato.
Jorge Luis Borges
Una lunga tradizione di fotografia ‘dell’attimo decisivo’ ci ha abituati – o forse potremmo dire assuefatti – alla persistenza delle più forti e audaci emozioni all’interno dell’inquadratura. Amore, paura, sofferenza, passione, divertimento. Abbiamo congelato tutto, e questo ci ha fatto credere di poter possedere tutto. Il titolo del lavoro che vi trovate fra le mani, Spectator, si riferisce alla classificazione che Roland Barthes fa ne La camera chiara in merito ai tre principali aspetti dell’immagine fotografica. Ci sono infatti un operator, ovvero colui che scatta l’immagine, uno spectator, il fruitore dell’immagine stessa, e uno spectrum: il soggetto fotografato.
Marzia Bondoli Nielsen decide di fotografare un certo numero di spettatori prima e dopo aver assistito a una performance teatrale. In un’inquadratura neutra, lasciando solo alla luce naturale il compito di scolpire lo scorrere del tempo, ferma le espressioni dei suoi soggetti, senza interferire. Spectator è ognuno di loro. Eppure spectatoris siamo noi, dal momento che stiamo guardando quei volti che poco prima guardavano il palcoscenico. Ed ecco che il ritratto fotografico diviene spectrum, oggetto del nostro vedere. È un piccolo cortocircuito quello attivato da Bondoli Nielsen, una convergenza di sguardi che ci ricorda che siamo tutti spettatori e spettacolo, e lo siamo sempre più nel mondo iper-connesso e iper-controllato in cui viviamo oggi.
Ancora Barthes ci dice che la fotografia essenziale è una sorta di “scienza impossibile che […] coglie del referente la sua verità”. E in che cosa identifica questa verità Barthes? Nell’aria.
E torniamo alle pagine di questo lavoro. Ci troviamo di fronte ad un prima e un dopo, ma non ad un durante. Ci viene concesso di sapere – da un punto di vista puramente visivo e informativo – come si presentava il soggetto poco prima di vestire i panni dello spettatore. Ci viene poi mostrato lo stesso soggetto, poco dopo, non appena uscito dalla platea. Noi, che guardiamo, tentiamo di colmare spazi e tempi che dividono questi due frammenti documentativi; eppure, ciò che rimane davvero nei nostri occhi, è il vuoto fra le due immagini. Quel vuoto corrisponde precisamente all’aria barthiana: è l’imperscrutabile, l’ineffabile. È l’invisibile trasformazione che attraversa l’essere umano mentre si lascia vivere. Mi viene da pensare a Spectator come ad un lavoro in parte iconoclasta, dal momento che tutta la verità si trova nell’interstizio fra le due immagini. È come se l’autrice volesse lasciare quel mutamento d’animo dei soggetti sacro, intoccabile. Un atto di reverenza, di rispetto verso lo scorrere del tempo (e dell’esistenza), e un atto di denuncia verso quell’idolatria contemporanea che ormai non ci consente più di distinguere noi stessi dalle nostre immagini. Tra le pagine troviamo appunti scritti a matita, riferimenti alle sostanze chimiche responsabili dei processi neurologici che attivano determinate emozioni umane. Si tratta di un intervento personale grazie al quale Marzia Bondoli Nielsen ci obbliga a riflettere sull’origine delle emozioni, senza tuttavia darci alcuna soluzione. Quelle note sensibili e imperfette ci dicono che una spiegazione esaustiva a quello che stiamo vedendo non esiste. E così, senza nemmeno accorgercene, quel vuoto si fa pieno. Un pieno che ci suggerisce – un po’ come il fiume di Eraclito – che l’idea del fermare il tempo e di afferrare la complessità delle emozioni umane attraverso la fotografia sono soltanto illusioni.
Silvia Bigi
Carta:
– Curious Matter Black Troufle gr 270
– Tintoretto Gesso gr 140
– Curious Translucents Clear gr 112
Rilegatura in brossura a colla
64 pagine
Formato: 14,8 X 20,7 CM
50 copie numerate e firmate
Prima Edizione 2019